lunedì 25 maggio 2009

CINEFORUM

CINEFORUM PDF Stampa E-mail
Scritto da DAK
Lunedì 25 Maggio 2009 15:45

Domani martedì 26 vedremo, "COME UN UOMO SULLA TERRA" film documentario di andrea segre che mostra come dietro la parola tanto abusata in questo momento cioè, "RESPINGIMENTO" si nasconda una politica insensibile e lontana dai bisogni reali di uomini e donne in difficoltà

Dal 2003 Italia ed Europa chiedono alla Libia di fermare i migranti africani. Ma cosa fa realmente la polizia libica? Cosa subiscono migliaia di uomini e donne africane? E perchè tutti fingono di non saperlo? Un documentario che con rara efficacia porge il microfono ai migranti africani testimoni delle brutali modalità con cui la Libia controlla i flussi migratori, su richiesta di Italia ed Europa.

giovedì 14 maggio 2009

IL CANTIERE PRESENTA:"APERITIVO ACUSTICO"


venerdì 15 maggio 2009 alle ore 19.30

TRESTINA (CITTA' DI CASTELLO)



APERITIVO ACUSTICO CON MUSICA DAL VIVO......
SARANNO DISPONIBILI GLI STRUMENTI PER CHI VOLESSE ESPRIMERE LA SUA CREATIVITA' MUSICALE!!!!!!!

mercoledì 13 maggio 2009

CONTRO LA CRISI E CONTRO IL RAZZISMO È ORA DI SCEGLIERE DA CHE PARTE STARE!

CONTRO LA CRISI E CONTRO IL RAZZISMO È ORA DI SCEGLIERE DA CHE PARTE STARE!

La crisi colpisce duro, la crisi colpisce tutti: donne e uomini, italiani e migranti. Eppure, per rispondere alla crisi, il governo produce e sancisce differenze. È razzismo istituzionale: la legge Bossi-Fini e il “pacchetto sicurezza” inseguono il sogno di una forza lavoro usa e getta, vogliono ridurre i migranti e le migranti alla perenne espellibilità. Tutti i lavoratori e le lavoratrici in cassa integrazione, sospesi dal lavoro e licenziati vedono ogni progetto di vita frantumarsi di fronte ai loro occhi. Tra i lavoratori, i precari con contratti a termine e senza garanzie sono messi alla porta per primi. Tra i lavoratori, i migranti vivono una doppia precarietà, sanno che il permesso di soggiorno non sarà rinnovato, la clandestinità è una minaccia più vicina, l’espulsione una possibilità sempre presente. Per questo è ora di scegliere DA CHE PARTE STARE.

Il razzismo istituzionale colpisce duro: il Governo Berlusconi, con la Lega Nord in prima fila e buona parte dei media, hanno dato il via ad una campagna di odio che si indirizza prevalentemente contro i “clandestini” ma criminalizza tutti i migranti giustificando il loro sfruttamento. La proposta di un “contributo” per il rinnovo dei permessi – che si aggiunge al furto dei contributi previdenziali e pensionistici che non possono essere ritirati – mostra che il salario dei migranti è considerato risorsa sempre disponibile. Si tratta di denaro che, con quello di tutti i lavoratori, pagherà nuovi Centri di identificazione ed espulsione. E mentre il razzismo istituzionale si legittima sul corpo delle donne facendo strada a ronde e linciaggi popolari, la violenza continua nelle case, i tagli alla scuola e al welfare pretendono di rinchiudere tutte le donne tra le mura domestiche, riservando alle migranti solo un posto da “badanti”. Per questo è ora di scegliere DA CHE PARTE STARE.

La crisi mostra spietatamente che lo sfruttamento non conosce differenze: tutti hanno mutui e affitti da pagare, l’incubo del giorno dopo. Il razzismo istituzionale impedisce però ai migranti di sperare persino nelle già povere “misure anticrisi”. Ammortizzatori sociali, piani edilizi, bonus bebè non li riguardano: devono solo pagare, e farlo in silenzio. L’abolizione del divieto di denunciare i migranti irregolari che si rivolgono alle strutture sanitarie è l’espressione più meschina di una strategia che vuole produrre una clandestinità politica oltre che legale. Impedire di certificare la nascita dei figli e delle figlie dei migranti senza documenti pone un’ipoteca sulle prossime generazioni. Per questo è ora di scegliere DA CHE PARTE STARE.

Contro i colpi duri della crisi e del razzismo istituzionale, la risposta deve essere altrettanto forte. È ora di scegliere DA CHE PARTE STARE, e tutti e tutte siamo chiamati in causa. Le organizzazioni autonome dei migranti, che in questi anni hanno tenuto alta la lotta contro la legge Bossi-Fini, le associazioni e i movimenti antirazzisti, i sindacati, tutti siamo tenuti a schierarci contro questa politica del razzismo. Fino a quando i migranti saranno esposti al ricatto, tutti saranno più ricattabili. È tempo di ritessere il filo della solidarietà, di avviare in ogni territorio una nuova grande azione concreta di lotta capace di opporsi a un attacco alle condizioni di vita che colpisce prima di tutto i migranti, ma non solo i migranti.

È ORA DI STARE DALLA PARTE DEI MIGRANTI E DELLE MIGRANTI. Per questo, facciamo appello a tutti i lavoratori, le lavoratrici, gli studenti e le studentesse, le associazioni e i sindacati, affinché siano parte di questa lotta. Con questo appello inizia il percorso per una mobilitazione che arrivi a una grande manifestazione nazionale il 23 maggio a Milano, una città del nord dove più evidenti sono le caratteristiche dell’offensiva del razzismo istituzionale e più marcati gli effetti della crisi. Affinché gli effetti della legge Bossi-Fini non amplifichino quelli della crisi, NOI CHIEDIAMO:

- che i permessi di soggiorno siano congelati in caso di licenziamento, cassa integrazione, mobilità, sospensione dal lavoro;

- che i migranti, così come tutti quei lavoratori che non usufruiscono di ammortizzatori, partecipino alla pari di ogni altro lavoratore a ogni misura di sostegno e vedano salvaguardati i contributi che hanno versato;

- che i migranti e tutti i lavoratori possano rinegoziare i loro mutui in caso di perdita del lavoro; il blocco degli sfratti per tutti i lavoratori e le lavoratrici nella stessa condizione, perché sappiamo che un migrante senza contratto di locazione è un lavoratore clandestino;

- il mantenimento del divieto di denuncia dei migranti senza documenti che si rivolgono alle strutture sanitarie e della possibilità di registrare la nascita dei loro figli;

- il ritiro della proposta di un permesso di soggiorno a punti e di qualunque tipo di “contributo” economico, sia esso di 80 o di 200 €, per le pratiche di rinnovo dei permessi.

- il blocco della costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione, l’utilizzo dei fondi stanziati per iniziative a favore di tutti i lavoratori colpiti dalla crisi, la cancellazione di ogni norma che preveda l’allungamento dei tempi di detenzione, la chiusura dei CIE.

- la garanzia di accesso al diritto d’asilo e il blocco immediato dei respingimenti alla frontiera in attesa della promulgazione di una legge organica in materia.


CAMPAGNA NAZIONALE "DA CHE PARTE STARE"

lunedì 11 maggio 2009


PER DOMANI IN PROGRAMMA LA VISIONE DEL FILM """IL DIVO"""PERCORSO STORICO,


"VISTO L'ETà SI PUò DEFINIRE TALE" DELL'ON. ANDREOTTI E CON LUI PER PARADOSSO
DELL'ITALIA
INTERA. Un film di PAOLO SORRENTINO................

C'è un uomo
che soffre di terribili emicranie e arriva anche a contornarsi il volto con
l'agopuntura pur di lenire il dolore. È la prima immagine (grottesca) di Giulio
Andreotti ne Il divo.
Siamo negli Anni Ottanta e quest'uomo freddo e
distaccato, apparentemente privo di qualsiasi reazione emotiva, è a capo di una
potente corrente della Democrazia Cristiana ed è pronto per l'ennesima
presidenza del Consiglio. L'uccisione di Aldo Moro pesa però su di lui come un
macigno impossibile da rimuovere. Passerà attraverso morti misteriose
(Pecorelli, Calvi, Sindona, Ambrosoli) in cui lo si riterrà a vario titolo
coinvolto, supererà senza esserne scalfito Tangentopoli per finire sotto
processo per collusione con la mafia. Processo dal quale verrà assolto.
Paolo
Sorrentino torna a fare cinema direttamente politico in Italia (Il caimano
essendo un'abile commistione di politico e privato). Compie una scelta
difficile pur decidendo di colpire un obiettivo facile: Andreotti. L'uomo di
Stato che è stato definito di volta in volta, la Sfinge, il Gobbo, La Volpe, il
Papa nero, Belzebù e, giustappunto, il Divo Giulio si prestava sicuramente a
divenire simbolo di una riflessione sui mali del nostro Paese. La scelta era
comunque difficile perchè Sorrentino aveva alle sue spalle almeno tre nomi ai
quali ispirarsi e dai quali stilisticamente distinguersi in questa sua
riscoperta del cinema impegnato: Francesco Rosi, Elio Petri, Giuseppe Ferrara.
Il primo con il suo rigore nella denuncia, il secondo con una visionarietà
graffiante, il terzo con il suo cronachismo drammaturgicamente efficace.

Sorrentino riesce nell'operazione. Dichiara, consapevolmente o meno, i propri
debiti nei confronti degli autori citati nella fase iniziale del film che
innerva però sin da subito con una cifra di grottesco che diventa la sua
personale lettura del personaggio e di coloro che lo hanno circondato e
sostenuto. Proprio grazie a questa scelta stilistica può permettersi,
nell'ultima parte del film, di proporci le fasi processuali per l'accusa di
mafia grazie a una visione in cui surreale e reale finiscono con il coincidere.

L'Andreotti di Sorrentino è un uomo che ha consacrato tutto se stesso al
Potere. Un politico che ha saputo vincere anche quando perdeva. Un essere umano
profondamente solo che ha trovato nella moglie l'unica persona che ha creduto
di poterlo conoscere. La sequenza in cui i due siedono mano nella mano davanti
al televisore in cui Renato Zero canta "I migliori anni della nostra vita"
entra di diritto nella storia del cinema italiano. È la sintesi perfetta (ancor
più degli incubi ritornanti con le parole come pietre scritte a lui e su di lui
da Aldo Moro dalla prigione delle BR) di una vita consacrata sull'altare
sbagliato.
Una vita in cui, come afferma lo stesso Andreotti (interpretato da
un Servillo capace di cancellare qualsiasi remota ipotesi di imitazione per
dedicarsi invece a uno scavo dell'interiorità del personaggio), è
inimmaginabile per chiunque la quantità di Male che bisogna accettare per
ottenere il Bene. That's Life? Forse non necessariamente.